Alla ricerca dell’equilibrio


Disbiosi intestinale:  che cos’è, quali sono le cause, le conseguenze e come trattarla


Se ci sentiamo stanchi, tendiamo ad ammalarci spesso, abbiamo difficoltà a concentrarci e soffriamo di sbalzi di umore, la causa potrebbe essere una disbiosi intestinale non riconosciuta, la quale, se non trattata, potrebbe avere conseguenze più gravi su tutto l’organismo. 


Il microbiota intestinale è una popolazione estremamente complessa di oltre mille diverse specie con cui conviviamo da milioni di anni. Siamo portati a immaginare che una microflora sana consista solo di germi benefici. Invece non è così: la microflora sana ospita un popolo misto di batteri, virus, batteriofagi, archea, miceti, tanto avversari quanto compagni di squadra. Questi formano un network funzionale e dinamico, dove tutti – dai microrganismi meno innocui, ai neutri e agli opportunisti – hanno dei ruoli distinti e, in una sinergia virtuosa, contribuiscono a modellare e stabilizzare la flora intestinale e a tenere il sistema immunitario ben allenato. Il compito fondamentale della microflora intestinale sana è quello di aiutare l’organismo a reagire prontamente in caso di intrusione di agenti patogeni disbiotici. Altri fattori di virulenza consistono nell’espressione di enzimi proteolitici e di sostanze pro-infiammatorie, che riducono la biodiversità intestinale e fanno spazio ai patogeni. Coinvolgendo delle complesse interazioni ospite-microbo questi microrganismi favoriscono nel loro insieme una sinergia patologica: la disbiosi. La distinzione tra agenti patogeni (potenzialmente “cattivi”) e commensali (i “buoni”) sta a questo punto diventando sempre più difficile, poiché anche dei germi innocui in caso di salute si possono attivare in maniera virulenta in una disbiosi. Per questo possiamo concludere dicendo che la disbiosi innesca un cambiamento funzionale del microbiota. Teniamo inoltre conto del fatto che gli inquilini intestinali tendono a scambiarsi del materiale genetico: questo meccanismo permette, ad esempio, il passaggio di geni di resistenza agli antibiotici.

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C’è una dieta per curare la disbiosi o per non aggravarla?


Le specie microbiche tipiche dell’ecosistema intestinale di ciascuno di noi sono personali, ma variano con l’alimentazione prevalente. I carboidrati resistenti alla digestione (come le cellulose e le emi-cellulose dei vegetali, ad esempio la crusca del grano, la parte fibrosa delle verdure, dei semi, dei frutti e dei legumi) rivestono una funzione di spicco per la salute intestinale, perché vengono fermentati dalla flora batterica. Chi non è abituato ad assumerli in quantità deve introdurli lentamente nel regime alimentare per evitare problemi di fermentazione eccessiva. A volte certi carboidrati fermentabili dalla flora intestinale possono essere controindicati in un primo momento, come nel caso di una SIBO (sovra crescita batterica nell’intestino tenue): sta al medico decidere la dieta e la cura, tenendo conto che esistono dei regimi alimentari specifici per ogni tipo di problema.

Però non basta fare una dieta a breve termine, bisogna impegnarsi per cambiare le proprie abitudini alimentari quotidiane a lungo termine. Un consiglio generale è quello di prestare attenzione alla biodiversità alimentare, poiché questa favorisce la biodiversità del microbiota: si tratta di variare i cibi dando preferenza ai prodotti alimentari poco elaborati, possibilmente da agricoltura di piccola scala e senza impiego di fitofarmaci, pensando anche agli aromi, alle erbe spontanee e ai prodotti di lievitazione e di fermentazione naturale.

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Quali stili alimentari, viceversa, possono favorirla?


Mangiare prevalentemente cibi altamente processati e variare poco, il che significa, solitamente, consumare troppi grassi, troppi carboidrati semplici, troppe proteine e troppo poche fibre (verdura, legumi, cereali integrali e frutta).


IL CIBO INDUSTRIALE CONTIENE ADDITIVI DI TUTTI I TIPI – CONSERVANTI, EMULSIONANTI E RESIDUI DI PESTICIDI – CHE MINANO LA BIODIVERSITÀ DEL MICROBIOTA INTESTINALE E FAVORISCONO L’INFIAMMAZIONE.

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Quali altre strategie preventive, oltre all’alimentazione, si possono mettere in pratica?


Smettere di fumare, non esagerare con l’alcol, esporci regolarmente all’aria fresca, praticare giardinaggio o un’attività sportiva all’aperto, tuffarci nelle acque naturali, rinunciare ai disinfettanti e all’igiene eccessiva, tenere un animale domestico ed evitare lo stress inutile. 

Non siamo un'entità distinta dal nostro microbiota, ma formiamo insieme un “superorganismo”.

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“Quali sono le cause eziologiche alla base di questa patologia?


La disfunzione, l’impoverimento e la patogenicità del microbiota dipendono dal contesto in cui esso vive. I fattori che concorrono a compromettere l’omeostasi intestinale sono numerosi e spaziano dalla predisposizione personale, all’alimentazione (squilibri alimentari, cibo altamente processato, carenza di fibre, presenza di conservanti e additivi) a problemi digestivi (carenza di enzimi, rallentamento della peristalsi, diarrea); dall’esposizione a inquinanti ambientali di tutti tipi, a farmaci (in primis antibiotici, antimicotici, antivirali), ai prodotti per la cura della casa e del corpo (detergenti e disinfettanti); dal mancato contatto fisico con la natura (aria, terra, acqua, animali) allo stile di vita (eccesso di igiene, fumo, carenza di moto, stress).

La disbiosi intestinale crea un’infiammazione delle mucose che si può trasmettere sulle altre mucose dell’organismo. Viceversa anche la disbiosi orale sta emergendo come potenziale innesco di disordini infiammatori della mucosa, come la malattia infiammatoria intestinale, la vaginosi batterica e la parodontite. La parodontite a sua volta esercita un impatto sulla salute sistemica, poiché aumenta il rischio per l’aterosclerosi, il diabete, l’artrite reumatoide e le malattie del fegato

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Ci sono soggetti più predisposti alla disbiosi?


Partendo dalle fasi iniziali della vita, possiamo dire che il parto è fondamentale. Tramite il parto per via vaginale la madre trasmette al bambino i germi del canale vaginale, che sono alla base di un sano microbiota. Conta, evidentemente, anche lo stato di salute del microbiota materno: se la madre è stata in cura antibiotica prima di concepire o durante la gravidanza il microbiota infantile ne risentirà. L’allattamento al seno è un ulteriore fattore protettivo (più dura nel tempo, meglio è) perché comporta una colonizzazione decisamente più alta di lattobacilli.

Anche chi assume con frequenza antibiotici, farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), corticosteroidi o inibitori della pompa protonica a lungo termine subisce dei cambiamenti nella composizione del microbiota e diventa più suscettibile alla disbiosi, così come chi soffre di ipocloridria (la riduzione di attività secretoria dello stomaco).

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Quali condizioni patologiche possono essere causate da una disbiosi non riconosciuta e quindi risolte curando la disbiosi alla base?


Una disbiosi determina uno stato di sofferenza globale e ci rende più suscettibili a varie malattie.

Una flora intestinale disturbata esercita un effetto negativo sul metabolismo, sugli ormoni, le difese immunitarie e persino sull’attività dei geni. Inoltre può influenzare il peso corporeo, l’appetito, le scelte alimentari, così come l’umore e la salute mentale.

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